L'Irpinia è una terra verde, fatta di paesaggi incontaminati, di vigneti e di pascoli. E di castelli, disseminati tra i comuni della provincia di Avellino, con una concentrazione quasi sorprendente.
In alcuni casi si tratta solo di deboli tracce di una memoria storica quasi del tutto sbiadita, in tanti altri, invece, sono giunti a noi baluardi che difendono con orgoglio un passato di conquiste e di dominazioni. Così è per il Castello ducale di Bisaccia, un piccolo comune irpino situato in un territorio di confine abitato fin dalla preistoria.
Numerosi sono, infatti, i ritrovamenti archeologici in quest'area che rimandano all'età del bronzo e del ferro: tra questi emerge la sepoltura di una “principessa”, venuta alla luce nel 1975. Una tomba speciale, ricca di vasi e di oggetti in bronzo, che accoglieva il corpo di una giovane donna appartenente ad un gruppo di spicco della società. Oggi la storia della principessa è narrata, attraverso gli oggetti della sua tomba, nelle sale espositive del castello di Bisaccia che ospitano il Museo Civico Archeologico.
E chissà quante altre principesse, nobildonne e dame si sono aggirate tra le mura del castello, fin dalla sua fondazione avvenuta sotto i Longobardi: il nucleo più antico risale al secolo VIII, ma di questa fase rimane ben poco. Decisamente meglio conservata è la fase sveva, a cui appartiene la grande torre quadrata. Fu proprio l'imperatore Federico II, che nel 1250 soggiornò nel castello, a volere la trasformazione di questo luogo e l'edificazione della torre, costituita da tre livelli e idealmente in comunicazione con le altre torri federiciane dei territori circostanti.
Dopo Federico II, si hanno notizie di questo luogo in età rinascimentale, quando la struttura subì numerose trasformazioni, quelle che ancora oggi la caratterizzano, a cominciare dal portale e dalla corte con una piccola loggia. Allo stesso periodo risale pure la grande loggia che si trova nel lato nord, vero fiore all'occhiello del castello. Ben ventisei archi aperti su dolci colline e sui tetti della città che offrono allo sguardo un paesaggio cadenzato, generando quasi l'imbarazzo della scelta del punto d’osservazione. Ci sono le pale eoliche in lontananza, i boschi, i campi e le case, tutto armonicamente inquadrato dagli archi.
“Stetti un po’ affacciato. Vedevo certi ultimi monti così sfumati, così fluttuanti, che parevano nuvole, e mi davano l’impressione di quell’interminabile, di quel lontano lontano che spaventa, e rimasi un pezzo balordo, e non indovinavo l’uscita”.Francesco De Sanctis - “Un viaggio elettorale”
In questa grande loggia probabilmente avrà messo piede anche Torquato Tasso, che secondo la tradizione fu ospite del castello per un breve soggiorno; sicuramente vi passarono alcuni membri della potente e nobile famiglia Pignatelli, che acquistò Bisaccia ed ebbe il merito di vederla elevata a ducato. Seguirono altre famiglie e poi periodi di abbandono, fino agli anni dei terremoti che nel ‘900 sconvolsero la quiete degli abitanti del borgo e incisero profondamente sul suo castello.
Forse per le conseguenze della devastazione, molti bisaccesi hanno lasciato questo angolo di cielo e di verde, tanto che i recenti amministratori locali hanno messo in vendita le abitazioni abbandonate del centro storico alla cifra simbolica di un euro. Per fortuna le mura del castello custodiscono ancora le storie di principesse, torri e poeti.