Mito e storia intorno al lago di Nemi

Mito e storia intorno al lago di Nemi

Novembre conserva ancora tutto il sapore dell'estate intorno al lago di Nemi. Il sole tenue ma caldo, il marrone delle castagne e il porpora del mosto si fanno strada lentamente tra il verde ancora lussureggiante della macchia mediterranea.

Le folaghe, con i loro musetti bianchi, passeggiano silenziosamente sull'acqua, con fare altezzoso e distante. Soltanto un leggero rumore di falciatrice proveniente da Genzano suggerisce che siamo in autunno e che la vita nei borghi ha ripreso a scorrere a pieno ritmo. Qualche esploratore solitario a maniche corte approfitta delle piccole spiagge del lungolago per godersi questo scampolo di estate.

Camminare intorno al lago di Nemi significa provare ogni volta suggestioni diverse. Dal suolo vulcanico di questo piccolo specchio d'acqua posto a 326 metri sul livello del mare, a pochi chilometri da Roma, prende vita la macchia mediterranea, che ne orla il perimetro con corbezzoli in piena fioritura e arbusti e si riflette nell'acqua con un gioco di forme e paesaggi liquidi.

Le faggete e i castagneti, che si sviluppano più in alto e più verso l'interno, creano atmosfere da montagna, con sentieri tappezzati di foglie ingiallite e bagnate e angoli di ombra carichi di umidità. Negli anfratti della roccia o nelle tane scavate tra la terra si nasconde l’istrice o il barbagianni. Ogni tanto qualche verso veloce rompe il silenzio ovattato del cammino, ma non è sempre facile capire da dove proviene il suono e di chi sia.

E poi ci sono i vigneti da cui nasce il celebrato vino dei Castelli Romani, protagonista indiscusso di stornelli popolari e di quell’allegria un po’ brilla che affonda le radici nell'antica Roma e che oggi continua a vivere intorno alle tavolate chiassose da Genzano a Frascati.

“So mejo della sciampagna li vini de ‘ste vigne ce fanno la cuccagna dar tempo de Noè. Li prati a tutto spiano so’ frutte, vigne e grano s'annamo a mette lì Nannì, Nannì”
Tratto dalla canzone “Nanni – 'Na gita a li Castelli”

È un luogo perfetto per le fughe domenicali dei romani, il lago di Nemi. D’altronde già anticamente i Romani lo sceglievano come posto di villeggiatura e di divertimento. Lo stesso nome “Nemi” deriva dal latino Nemus Dianae: bosco sacro a Diana, dea protettrice delle selve e degli animali selvatici, custode di fonti e torrenti, che proprio qui a Nemi ha il suo santuario.

E se ci fermiamo per qualche minuto su una delle spiaggette del lungolago e proviamo a fissare l’acqua, magari riusciamo a vedere ancora le sagome delle due imponenti navi che fece costruire l'imperatore Caligola in omaggio a Diana e alla dea egizia Iside e che utilizzava come palazzi galleggianti in cui rilassarsi e godere dell'acqua e dell'aria.

Ma la leggenda racconta che in seguito alla sua morte il Senato di Roma, di cui Caligola era indomabile nemico, fece distruggere le due imbarcazioni per cancellare il ricordo dell'imperatore e che i resti di quelle due navi furono fatti affondare nel lago, a trenta metri di profondità.

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