Il respiro antico di Vairano

Il respiro antico di Vairano

Una collina che guarda a un piccolo gruppo di case dal tetto spiovente. Sul lato che digrada verso il centro del paese, si scorge il profilo di un borgo che affonda le sue radici in epoca Longobarda e Normanna, quando ancora non era l’anno Mille. Siamo a Vairano Patenora, nell’alta provincia di Caserta, nelle valli che accompagnano il cammino del fiume Volturno verso il mare.

Il borgo storico è sormontato da un castello che oggi si presenta come poco più di un rudere. Aspetto che, accanto a un innegabile senso di triste abbandono, racchiude però il fascino di queste terre che rispondono ancora ai ritmi contadini. Come se la Natura richiamasse a sé l’opera dell’uomo, il castello è oggi circondato da vegetazione spontanea e larghe distese boscose; ma andiamo con ordine, e raggiungiamo l’ingresso del borgo.

L’impianto medievale, con le sue stradine strette e incastonate fra ripide scale, è subito evidente. Alle abitazioni del tutto abbandonate, fra solai crollati ed erbacce cresciute ad altezza d’uomo, se ne alternano altre ristrutturate secondo le forme antiche dell’abitato. In pochissimi risiedono tutt’oggi quassù, segno che la popolazione ha scelto la più comoda frazione di Vairano Scalo, pochi chilometri più in basso.

Quello che facciamo è il più inaspettato degli incontri: una famiglia, composta da giovani marito e moglie e da un bambino. Ci aspettavamo di trovare una coppia di anziani decisi a non abbandonare le proprie radici e i propri luoghi. Al di fuori di ogni cliché, ci imbattiamo invece in questa donna dai capelli biondi che dice sorridente: «Abbiamo scelto di stare qui, non ci pesa e anzi: si sta tranquilli. Il centro “nuovo” dista solo tre chilometri, possiamo raggiungerlo facilmente».

La coppia abita in una casa appena ristrutturata proprio sulla sommità del borgo, a due passi dal Castello di origine normanna. Quello che, secondo gli storici, era un semplice torrione di avvistamento, si è trasformato – durante il 1200, quindi epoca Angioina – in una vera e propria residenza, con tanto di mura di cinta e quattro torri angolari per la difesa e l’avvistamento di eserciti nemici. Nello stesso periodo, il borgo fu dotato di una cinta muraria lunga circa un chilometro e mezzo, provvista di 14 torri di avvistamento.

Il Castello, in epoca Aragonese, fu poi abitato dalla nobile famiglia dei D’Avalos, da cui tutt’oggi prende il nome. Al di là del nozionismo storico, è oggi affascinante notare come la fortezza si inserisse perfettamente nell’impianto urbanistico del borgo. Le stradine in salita, il profilo degli antichi palazzi nobiliari, la presenza delle chiese di origine medievale: tutto sembra condurre, con lo sguardo e col muoversi delle gambe, a questa imponente costruzione che sovrasta la valle. Vengono in mente i versi di una band italiana, il Banco del Mutuo Soccorso: “Da qui, messere, si domina la valle. Ciò che si vede, è”.

La visita al Castello è spontanea quanto l’erba che cresce a vista d’occhio sotto i piedi. Nessun ingresso transennato, nessun percorso obbligato, tutto è lasciato alla volontà del viaggiatore; che con l’immaginazione può riportare la fortezza a ciò che era prima che il paese perdesse di interesse politico e strategico.

Vairano è stata, per almeno duecento anni della propria vita, un centro di prima importanza, sia politico che militare. Non a caso, tornando in epoca Angioina, è qui che Re Carlo d’Angiò e Papa Gregorio X, si incontrarono “il 24 gennaio 1272 e fissarono direttive plurisecolari per il governo del Regno di Napoli”, come si legge su una targa tutt’oggi affissa all’ingresso di Porta Castello.

D’altra parte, ci troviamo su una vita di comunicazione che nei primi anni Mille – e almeno fino a inizio Novecento – era fondamentale per chi viaggiava da Napoli verso il resto d’Italia, sia in direzione Nord che sul versante Sud. Un episodio su tutti che ce lo ricorda? L’incontro fra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto proprio sull’odierno territorio di Vairano Patenora (sebbene sia più noto come “incontro di Teano”) il 26 ottobre del 1860.

Un millennio di Storia, dalla fondazione Normanna all’Unità d’Italia, di cui – si spera – Vairano possa reimpossessarsi. Passando da villaggio fantasma a meta irrinunciabile per chi voglia dedicarsi alla scoperta di perle sconosciute.

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