La torre delle storie

La torre delle storie

Ripercorrere la vita di un monumento non è sempre facile: la sua fondazione, le trasformazioni nel tempo non emergono subito, ad un primo sguardo.

Camminando nei centri storici delle città ogni pietra racconta una storia, ma capita che, pur tenendo l’orecchio ben teso, non si riesca a sentire nulla. Spesso c’è qualcuno che la storia delle pietre cerca di ricostruirla, soprattutto se quelle pietre fanno parte dei monumenti più rappresentativi di una città. È un lavoro svolto negli archivi, tra documenti e note di pagamento, meticoloso e lento, che con un po’ di fortuna porta a sciogliere piccoli o grandi enigmi. Come quello che ha affrontato nelle sue ricerche l’architetto Luigi Guerriero in merito ad un monumento dell’Irpinia.

Si tratta di una grande torre, alta più di 30 metri e costituita da tre livelli, visibile da più punti della città, situata in una zona ricca di testimonianze storiche: si trova ad Avellino, nel quartiere detto “Terra”, ed è la Torre dell’Orologio. Imponente, un simbolo della città, una torre che ne ha viste tante, ma non riesce a raccontarle tutte. Innanzitutto perché è stata quasi totalmente riedificata in seguito al terremoto che nel 1980 colpì l’Irpinia, e purtroppo quello non fu l’unico che la danneggiò: ce ne furono altri due, nel 1688 e nel 1694.

“Particolarmente nella città di Avellino molto gagliardo, da dove è venuto avviso ch’abbi fatto notabil danni agli edifici di quella città”
Una fonte dell'epoca descrive il terremoto del 1694

Il sisma del 1694 comportò la quasi totale ricostruzione della Torre dell’Orologio. Per farlo fu chiamato l’artista Giovan Battista Nauclerio: architetto napoletano impegnato in molte chiese a Napoli e ad Avellino, dove fu autore nella Cattedrale della Cappella di San Modestino, patrono della città.

Nel 1697 Nauclerio ricevette l’incarico del rifacimento della Torre dell’Orologio, di cui ormai si conservava solo il basamento costituito da blocchi di tufo. Il primo livello della torre è la parte più antica del monumento, forse riferibile al sistema di mura della città, a cui l’artista decise di aggiungere due livelli in piperno, di cui uno destinato ad accogliere la campana. Tutte queste notizie sono contenute nel documento che attesta il pagamento a favore di Nauclerio da parte della città di Avellino, conservato nell’Archivio Storico del Banco di Napoli.

Dunque tutto chiaro? No, perché si fa strada con insistenza un altro nome, quello di Cosimo Fanzago, principale esponente del Barocco napoletano, ricordato da più parti come ideatore della Torre dell’Orologio.

Ad oggi, però, il suo coinvolgimento non è realmente documentato. Forse arriverà un indagatore di archivi a tirar fuori nuove prove. Quello che è non ha bisogno di essere provato è che la Torre è un simbolo identitario della città di Avellino, perché ha scandito giorni, anni e secoli, ha subito le ferite del tempo e ha scelto ogni volta di rialzarsi.

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