L’antica Canemorto

L’antica Canemorto

Bisogna salire a quota 840 metri, facendo attenzione al ghiaccio depositato sul ciglio di una strada fatta di curve, per ritrovare un po’ di atmosfere medievali nel Lazio, a meno di un'ora da Roma.

Con le sue stradine di pietra strette e caratteristiche, l'antico arco che ti accoglie nel cuore del borgo antico, le casette abbracciate l'una all'altra, come se trovassero conforto e calore nelle giornate particolarmente fredde, le fontane pubbliche simbolo di un passato industrioso e ricco: con un patrimonio paesaggistico così, immerso nella natura del Parco Regionale dei Monti Lucretili, tra la Valle del Tevere e quella dell'Aniene, come poteva Orvinio non entrare a far parte del circuito dei borghi più belli d'Italia?

Passeggiare tra queste stradine silenziose, dove le persone che si incontrano hanno visi sereni e sorrisi rilassati, significa non solo fare un salto nel passato, ma fare un regalo alla fantasia, che qui è libera di correre, di ricordare, di immaginare, di sognare. Aiutata, come spesso accade quando si parla di borghi dell'Italia centrale, dalla leggenda, così forte da impossessarsi persino della storia.

Si racconta che un tempo il borgo di Orvinio sia stato teatro di un'aspra battaglia tra i Saraceni e l'esercito di Carlo Magno, il quale avrebbe dato il soprannome di cane morto a un suo valoroso comandante caduto sul campo, in segno di onore e riconoscenza. Ma si può anche credere a un’altra versione di questa leggenda, e cioè che i “cani morti” erano proprio i soldati Saraceni, vinti rovinosamente in battaglia dagli uomini dell'ex re dei Franchi.

Ma i miti nel corso del tempo si arricchiscono di nuovi racconti. E così Canemorto potrebbe essere anche il grido di liberazione intonato per le strade dagli abitanti di Orvinio quando il crudele signorotto che abitava nel castello del paese seminando terrore finalmente morì.

Dal 1863 Orvinio riprese il nome che ancora oggi porta e che deriva dall'antica città italica di Orvinium, rasa al suolo intorno all'anno Mille. E oggi è un paesino luminoso, lontano dalle atmosfere tetre e sanguinose dei cani morti, dove passeggiare e respirare aria di montagna in un contesto di grande valore storico e naturalistico.

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