È davanti agli occhi di tutti, eppure è nascosto. È in mezzo a vie di grande traffico, a due passi dal caos cittadino, eppure è silenzioso e l’aria è pulita.
Il segreto dei romani che vogliono un momento di pausa, ma che non hanno il tempo di lasciare la città, si chiama Parco Savello, anche se tutti lo conoscono come Giardino degli Aranci.
La collocazione sull'Aventino, nel cuore della città, potrebbe far pensare che l’angolo di pace sia fragile, esposto alle orde di turisti e preda abituale di cittadini in pausa pranzo. Ma è un’idea irrimediabilmente sbagliata: il Giardino è troppo tranquillo per attrarre viaggiatori con tabelle di marcia strette, è troppo aristocratico per diventare mensa per insalate nella plastica e tramezzini rapidi.
Per quanto sembri incredibile, il parco è poco frequentato: qualche habitué del footing, cani che si sbizzarriscono e padroni che li inseguono, un manipolo di appassionati di Tai-chi pronti a sfidare lo sguardo perplesso dei Romani pur di esercitare la ginnastica su una terrazza panoramica spettacolare, qualche camminatore solitario.
E proprio quella era l’idea dell’architetto Raffaele De Vico, che nei primi anni Trenta raccolse l’invito per trasformare i muri di cinta del castello della famiglia Savelli e creare un nuovo belvedere, oltre alla terrazza del Pincio e del Gianicolo.
E non c’è bisogno di affacciarsi alla vicina basilica di Santa Sabina, che risale al ‘400, per respirare l’aria del passato: basta guardare alle mura del parco, dove sono ancora evidenti i resti del ponte levatoio e delle torri di guardia del castello.
In verità, chi si affaccia fra gli alberi di arancio amaro non cerca un viaggio nello ieri, ma una sosta nell’ansia dell’oggi. Il panorama è unico, ma l'effetto è quasi surreale: si vede tutta Roma, ma non sembra di essere lì.